L’ex ministro Speranza, privo di incarichi ufficiali, va da tempo presentando al pubblico il suo libercolo sulla gestione della pandemia. In una di queste occasioni, presso la sede del PD di Villafranca, Angela Camuso è riuscita a infiltrarsi nel piccolo gruppo di adulatori che assisteva all’evento (per leggere il resoconto cliccare qui) per chiedere a Speranza le ragioni del famigerato protocollo “Tachipirina e vigile attesa”. Speranza ha risposto che il protocollo in questione non era mai esistito e che si trattava di un’invenzione dei famigerati no-vax.

Questa è una incredibile menzogna!

Il 30 novembre 2020 il ministero della salute pubblicava una circolare a firma del direttore generale Giovanni Rezza (per leggere la circolare cliccare qui). Nella circolare si raccomandava per i soggetti a domicilio asintomatici o paucisintomatici: – vigile attesa; – misurazione periodica della saturazione dell’ossigeno, – trattamenti sintomatici (ad esempio paracetamolo, cioè Tachipirina). Inoltre, il solerte burocrate del Ministero raccomandava di non utilizzare il cortisone, salvo per chi avesse in corso una terapia di supplementazione dell’ossigeno, di non somministrare antibiotici prima che la febbre durasse oltre 72 ore, di non usare l’idrossiclorochina e di evitare l’Eparina.

È noto che le raccomandazioni del ministero contrastavano con le cure che molti valenti medici avevano individuato e diffuso fin dai primissimi tempi della diffusione del Covid-19. Le indicazioni terapeutiche di Andrea Stramezzi, Mariano Amici, Maria Grazia Dondini, Fabio Milani e tanti altri medici che hanno avuto un tasso di guarigioni prossimo al cento per cento dei loro pazienti erano molto diverse da quelle del ministero e comprendevano l’uso di antibiotici come l’azitromicina insieme all’idrossiclorochina, al cortisone e all’eparina unitamente all’ivermectina. Nei primissimi giorni questi medici raccomandavano l’uso immediato di ibuprofene e acido acetilsalicilico. Tutto il contrario, quindi, della vigile attesa raccomandata nelle scartoffie ministeriali. Eppure, questi medici erano stati ufficialmente sbeffeggiati, additati come ciarlatani (qui il link relativo allo scontro tra Sileri e Amici) e spesso fatti oggetto di provvedimenti di sospensione o addirittura di radiazione dall’albo. Nel mentre i malcapitati che si erano fidati delle istruzioni ministeriali finivano in ospedale dove l’intubazione dava loro il colpo di grazia e in tantissimi (probabilmente più di centomila persone) non sono sopravvissuti alle “cure” ufficiali. Inoltre, il ministero sconsigliava di effettuare autopsie (per leggere la circolare cliccare qui) impedendo di comprendere i meccanismi di funzionamento della malattia.

La circolare del 30 novembre 2020 è stata annullata dal TAR Lazio che, con la sentenza n. 419/2022 (per leggere la sentenza cliccare qui) affermò che: “è onere imprescindibile di ogni sanitario di agire secondo scienza e coscienza, assumendosi la responsabilità circa l’esito della terapia prescritta quale conseguenza della professionalità e del titolo specialistico acquisito. La prescrizione dell’AIFA, come mutuata dal Ministero della Salute, contrasta, pertanto, con la richiesta professionalità del medico e con la sua deontologia professionale, imponendo, anzi impedendo l’utilizzo di terapie da questi ultimi eventualmente ritenute idonee ed efficaci al contrasto con la malattia COVID 19 come avviene per ogni attività terapeutica.”
Il ministero della salute decise, però, di ricorrere in appello contro la sentenza del TAR Lazio rivolgendosi al Consiglio di Stato che ribaltò la sentenza del TAR e disse che la circolare non avrebbe dovuto essere annullata perché non era vincolante per i medici che erano liberi di curare i loro pazienti come ritenevano più opportuno (per leggere la sentenza del Consiglio di Stato cliccare qui).

Peccato che la Legge Gelli-Bianco (n. 24/2017), all’art. 5, obbliga i medici ad attenersi alle linee guida ufficiali e introduce l’art. 590 sexies del codice penale che esclude la responsabilità dei medici per i reati di omicidio e lesioni colpose purché i clinici si attengano alle linee guida ufficiali, come la circolare del 30 novembre 2020. Il protocollo della “Tachipirina e vigile attesa”, quindi, non solo era vincolante, ma i medici che, applicandolo, avessero fatto fuori qualche paziente si sarebbero potuti trincerare dietro la causa di non punibilità rappresentata dalle linee guida ministeriali.

Speranza, quindi, ha mentito, sapendo di mentire.

Alessandro Fusillo