Con un provvedimento incredibilmente rapido rispetto ai tempi normali, la CEDU ha dichiarato inammissibile il ricorso degli operatori sanitari. L’assenza di motivazione nel merito dimostra la sciatteria di una decisione che resterà ad imperitura vergogna di chi l’ha scritta, non certo degli operatori sanitari che stanno combattendo una battaglia di fondamentale importanza. La motivazione è di quattro righe. Dove nemmeno si spiega per quale ragione tra le tante il ricorso sarebbe stato inammissibile. Non si spiega nemmeno perché ad avviso della giudice non sarebbe ravvisabile alcuna violazione dei diritti e delle libertà di cui alla Convenzione.
Andremo avanti lo stesso, sia in Italia, sia alla CEDU (dove potremo tornare) sia presso altre corti internazionali, fino a che lo scempio del trattamento obbligatorio sperimentale non sarà stato eliminato.
Per chi vuole farsi un’idea del ricorso e del lavoro svolto dallo Studio Fusillo, ecco i documenti. Anzitutto il ricorso alla CEDU. Va scritto su un formulario prestampato con uno spazio limitato per cui contiene solo una sintesi delle questioni. Omettiamo le prime pagine dove ci sono i riferimenti personali che non sono di interesse.
Allegata al ricorso c’è una relazione di accompagnamento che spiega quali sono le violazioni dei diritti umani denunciate. Anche questo documento deve essere necessariamente breve ma ciò non toglie che sia completo. Come si vede dal testo, abbiamo illustrato e documentato che gli operatori sanitari assoggettati all’obbligo di trattamento sanitario sperimentale subiscono la violazione dei seguenti diritti stabiliti dalla CEDU: art. 2 (diritto alla vita: la cosciente accettazione del fatto che alcuni soggetti obbligati alla inoculazione dei vaccini di cui è causa potranno morire costituisce un volontario attentato alla loro vita [omicidio volontario con dolo eventuale]); – art. 5 (libertà personale: la negazione della libertà morale connessa alla possibilità di decidere se sottoporsi o no ad un trattamento medico costituisce violazione del diritto sancito dalla CEDU); – art. 8 (rispetto per la vita privata e familiare: l’obbligo vaccinale non può essere ritenuto indispensabile in una società democratica per la protezione della salute poiché manca del necessario requisito di proporzionalità soprattutto in relazione alla eccessiva ed estrema severità della sanzione); – art. 9 (libertà di pensiero, di coscienza e di religione: l’utilizzazione per l’elaborazione e la produzione dei vaccini di cui è causa delle c.d. cellule fetali immortalizzate si pone in insanabile contrasto con la proibizione cristiana e cattolica dell’aborto come sintetizzata nell’enciclica Evangelium Vitae; l’obbligo impedisce la libertà religiosa di tutti gli operatori sanitari di religione cristiana); – art. 14 e protocollo 12 (divieto di discriminazione: l’obbligo imposto ai soli operatori sanitari costituisce una evidente discriminazione giacché solo essi sono assoggettati ad un obbligo sanzionato con il divieto di lavorare laddove esisterebbero misure cautelari come le mascherine chirurgiche o i test PCR in grado di garantire lo svolgimento in sicurezza per i pazienti delle prestazioni lavorative da parte degli operatori sanitari non vaccinati).
Poi c’è l’elenco degli allegati. Come si vede, al ricorso erano allegate 2.444 pagine di documenti. Difficile credere che il giudice possa averli esaminati e valutati in poche ore il 12 maggio.
Ecco l’indice dei documenti prodotti
A fronte di tutta questa mole di documenti e memorie ecco la decisione della CEDU. Quattro righe. Dove nemmeno si spiega per quale ragione tra le tante il ricorso sarebbe stato inammissibile. Non si spiega nemmeno perché ad avviso della giudice non sarebbe ravvisabile alcuna violazione dei diritti e delle libertà di cui alla Convenzione.
Da ultimo un estratto dalle FAQ della Corte. Normalmente la Corte impiega circa un anno a valutare i ricorsi e dare una risposta ai ricorrenti. È normale e giusto che sia così visto che le questioni poste sono importanti. È curioso che nel caso degli operatori sanitari, invece, abbiano impiegato solo poche settimane.
Ecco le FAQ della Corte.